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Il teatro di Antonio Rezza

domenica 24 marzo 2013







Quello di Antonio Rezza è un teatro fisico tutto incentrato sulla performance dell’attore, che si sdoppia si triplica, si trasforma, si fa parodia di se stesso e macchina umana del non senso,  del dissenso. Ogni spettacolo è un frammento di una visione del teatro in cui c’è poco spazio per la scena comunemente intesa: il non sense abbraccia il delirio demistificante, la scena diventa un telo che si aggiunge al corpo dell’attore che lo manipola, lo strazia, lo modella.  La scena si fa macchina e l’attore pure tende a dissolversi nel non umano, caricatura di una caricatura, maschera schizoide,  voce che si fa corpo e corpo che si fa voce. Non ci sono persone o personaggi nel teatro di Antonio Rezza ma pantomime, sgorbi, volti deturpati e voci che dal falsetto virano al graffio e al gracchio. C’è in opera una demolizione: non c’è la consolazione del già visto ma la sorpresa dell’inatteso, la risata si scopre amara perché amara è la vita. Il teatro di Antonio Rezza si serve delle scenografie di  Flavia Mastrella che  completa con la forma ciò che la demenza dell’attore, il suo essere fuor di mente nell’etimo, elabora come percorso fisico dentro l’apatia standardizzata del pubblico,  mai venerato ma osteggiato, frustato, deriso, a volte  coinvolto nello spettacolo come sparring partner destinato al k.o. Sembra che Rezza nel suo delirio altamente studiato e concentrato costringa il  pubblico  a racimolare quel poco di coscienza che l’invadenza del mondo gli ha lasciato:  “La spensieratezza va stroncata alla nascita” è la prima frase pronunciata in Fratto X, l’ultimo spettacolo di Rezza in scena a Milano fino a oggi 24 marzo al Teatro Out Off.  Sotteso al delirio,  esibito come una perla, un rigore notevole, un gran ritmo, l’amore per la forma. Cinico, eccessivo, debordante, folle,  geniale Rezza,  che ci racconta le miserie della nostra condizione di pubblico a tutto assuefatto,  con mimica grottesca e lucida demenza.