Morti, amanti e funerali - Matteo Gennari

domenica 20 novembre 2011


Quello di Matteo Gennari in questo romanzo Morti, amanti e funerali è un piccolo affresco di normalità e anormalità borghese, dove viene creata una dimensione sospesa fra il fantastico e il quotidiano, fra la follia e le convenzioni borghesi. Il destino della protagonista Costanza Giardini è segnato: da buona borghese dovrà ereditare l’agenzia di pompe funebri gestita dalla sua famiglia, rinunciando ai suoi sogni ed entrando in una sorta di routine estraniante, che la priva via via della sua essenza, impoverendola. C’è della comicità in tutto questo, già nella scelta delle pompe funebri, a rimarcare con ilarità e leggerezza il grossolano e gucciniano “tedio- morte” della provincia italiana: il romanzo è ambientato fra Pesaro e l’’hinterland milanese.

Quello di Gennari è un mondo di piccole aridità, di piccole menzogne, di modesta quotidianità, i suoi personaggi si muovono come fantasmi in un mondo opaco, dove la gioia è assente e dove ciascuno è condannato alla solitudine. Le relazioni che Costanza imbastisce sono solo rimedi contro la noia, unicamente la relazione con il padre ha una certa autenticità e fuoriesce dal grigiore della sua vita. Solo che il padre in seguito a un incidente incontra o crede di incontrare lo spirito di un suo amico morto, da allora la sua vita prende una brutta piega. Nel romanzo non è mai chiaro se l’incontro con questo spirito sia frutto della follia o se sia un reale incontro con il sovrannaturale, l’abilità di Gennari consiste nel creare quest’ambiguità. In ogni caso, per la figlia diventa indecifrabile la mente stessa del padre, comunque viene soggiogata dalla fantasie paterne, e spunta anche per lei l’ombra della follia.

Fra spunti tragicomici e gag funebri, fra famiglie che si sfasciano e routine imprenditoriale, Morti amanti e funerali è un romanzo che indaga le vicende di una famiglia borghese, in salsa marchigiana e padana, un romanzo in cui la scrittura è nitida a dispetto dell’opacità che racconta, e che si segnala soprattutto come indagine, in fondo fra il serio e il faceto, di un mondo arido e povero: quello in cui, come i protagonisti di questo romanzo, noi trasciniamo la nostra esistenza, fra sonnambulismo e inconsapevolezza. Ma non è una tragedia: questa è una piccola storia di mediocrità e finzioni, di rinunce e ipocrisie, in cui i personaggi stessi sono come succhiati dal di dentro da un senso di inutilità che però non assurge mai alla dimensione tragica, essi non ne hanno la forza. C’è dunque questa sottile vena ilare nella scrittura, che pare prenderli in giro simpaticamente, mostrando la loro inconsistenza di creature votate a una vita media senza grandi dolori e senza grandi gioie, in cui solo la follia del padre ha risonanze epiche ma anche queste risonanze hanno qualcosa di grottesco. Ma rimane l’ambiguità: Costanza sembra credere al padre più per preservare se stessa che le illusioni del suo idolo infantile.

Fra scrittori pittoreschi malati di sesso e vecchi imprenditori malati di immaginazione, Gennari compie così il suo viaggio nella provincia, restituita luogo di estraniamento e solitudine, in cui, però, bene o male, i fantasmi del quotidiano riescono a mantenere una certa solidità, non si sfaldano totalmente, lasciandoci nel vuoto, ci accompagnano, partecipando del nostro delirio. E’ forse una mancanza di cattiveria, di crudeltà stilistica, o più semplicemente una scelta di speranza, pur nella consapevolezza del grigiore.

Morti, amanti e funerali - Matteo Gennari - Abel Books

2 commenti:

eustaki ha detto...

ciao ettore,
sono forse prevenuto di fronte alla narrativa italiana 'corrente'. gennari è davvero bravo o è il solito modesto talentino senza prospettive? dal post si resta col dubbio

a presto

Ettore Fobo ha detto...

Ha delle possibilità, deve affinare la cattiveria. A presto, Eustaki.

Ps condivido il tuo giudizio su Lars von Trier.