sabato 13 febbraio 2010
In Una rosa per Emily sono raccolti tre brevi racconti di Faulkner, ambientati nel sud degli Stati Uniti intorno agli anni ’50 dello scorso secolo, dove a dominare la scena sono altrettante figure di donna, tratteggiate dallo scrittore americano con una sorta di implacabile realismo, che a tratti sfuma nel sogno. Racconti tenuti insieme da un’esemplare unità di significati e di atmosfere, che hanno come possibile centro l’educazione puritana e i suoi guasti, le lotte generazionali, la terribile e inesplicabile solitudine che detta le regole di vite sciupate, o quantomeno bizzarre, e un solido sfondo paesaggistico rurale, che Faulkner fa divampare in tutta la sua arida espressione, raggiungendo una poesia a volte spietata, attraverso cui dipinge questi indimenticabili ritratti di donne: Miss Zilphia Gant, Emily Grierson e l’adolescente Juliet Bunden.Faulkner ritrae spaccati di una vita sociale sovente resa mitica e terribile, come se con la sua scrittura trasmettesse l’arsura delle cose e dei sentimenti di un mondo intrappolato nei suoi riti coercitivi, dove a malapena sopravvive un senso di speranza e la vita sembra essere schiacciata da una grigia fatalità.
Qui la provincia americana si rivela in tutta la sua grettezza, incarnata soprattutto dai personaggi maschili, con la donna depositaria spesso di una tradizione che, nel caso del racconto che dà il titolo al libro, appare definitivamente morta; ciò nonostante colla tenacia di un naufrago ci si aggrappa ai suoi ultimi stinti bagliori, e la protagonista diviene l’impassibile vestale custode d’una casa vuota, col suo grande ma tramontato passato. E’certamente un’America lontana dalle celebrazioni demagogiche, che risulta dunque diminuita, sciatta, provinciale, povera, chiusa in un alternarsi di situazioni di mera disperazione, che paiono trovare solo nella ragazza protagonista dell’ultimo racconto ,intitolato Adolescenza, un po’ di fierezza e freschezza, subito punita dalla paranoia puritana della nonna. Famiglie che si sfasciano dopo una lenta agonia, donne che vendicano il tradimento del marito con l’omicidio dello stesso, matrone decadute che passano l’intera esistenza segregate in casa a vegliare il cadavere mummificato di uno spasimante, vivendo il riverbero dello splendore svanito della propria casata; immagini dure, rese leggere dallo stile altamente letterario di Faulkner, che trova nella scrittura numerosi spunti poetici ( in un’intervista arrivò ironicamente a dire di essere un poeta fallito, e, infatti, il suo esordio letterario si ebbe con i versi di Un Fauno di marmo).
In questi racconti, curiosa è la sorte riservata da Faulkner ai personaggi maschili: tutti senza eccezione fanno la figura di sostituibili comparse prive di spessore, incapaci di tenere insieme la famiglia, disgraziati vagabondi senz’arte né parte, prossimi alla delinquenza, vivendo all’ombra di donne arcigne, forti, scontrose e spesso, come già detto, chiuse nel bozzolo di un’enigmatica solitudine.
In conclusione tre brevi racconti da leggere come testimonianza di uno stile, quello di Faulkner, capace di grattar via la superficie linda delle cose, per ritrovarvi l’inquietudine della loro sostanza più profonda.
Qui la provincia americana si rivela in tutta la sua grettezza, incarnata soprattutto dai personaggi maschili, con la donna depositaria spesso di una tradizione che, nel caso del racconto che dà il titolo al libro, appare definitivamente morta; ciò nonostante colla tenacia di un naufrago ci si aggrappa ai suoi ultimi stinti bagliori, e la protagonista diviene l’impassibile vestale custode d’una casa vuota, col suo grande ma tramontato passato. E’certamente un’America lontana dalle celebrazioni demagogiche, che risulta dunque diminuita, sciatta, provinciale, povera, chiusa in un alternarsi di situazioni di mera disperazione, che paiono trovare solo nella ragazza protagonista dell’ultimo racconto ,intitolato Adolescenza, un po’ di fierezza e freschezza, subito punita dalla paranoia puritana della nonna. Famiglie che si sfasciano dopo una lenta agonia, donne che vendicano il tradimento del marito con l’omicidio dello stesso, matrone decadute che passano l’intera esistenza segregate in casa a vegliare il cadavere mummificato di uno spasimante, vivendo il riverbero dello splendore svanito della propria casata; immagini dure, rese leggere dallo stile altamente letterario di Faulkner, che trova nella scrittura numerosi spunti poetici ( in un’intervista arrivò ironicamente a dire di essere un poeta fallito, e, infatti, il suo esordio letterario si ebbe con i versi di Un Fauno di marmo).
In questi racconti, curiosa è la sorte riservata da Faulkner ai personaggi maschili: tutti senza eccezione fanno la figura di sostituibili comparse prive di spessore, incapaci di tenere insieme la famiglia, disgraziati vagabondi senz’arte né parte, prossimi alla delinquenza, vivendo all’ombra di donne arcigne, forti, scontrose e spesso, come già detto, chiuse nel bozzolo di un’enigmatica solitudine.
In conclusione tre brevi racconti da leggere come testimonianza di uno stile, quello di Faulkner, capace di grattar via la superficie linda delle cose, per ritrovarvi l’inquietudine della loro sostanza più profonda.
4 commenti:
Suona tutto molto familiare
confiniamo ancora così tanto con questa america anni '50
Perchè dovrei sorprendermi allora nel trovarmi a combattere con chi afferma che la letteratura è una fuga. Fuga a me sembra rifiutarsi di scandagliare l'inquietudine, negarla, è così infantile.
Doloroso anche parlarne
Non so se ce la farò a leggere Faulkner. Ma dio mio se lo dico è perchè ho già in mente di farlo
Leggo in Krishnamurti che la letteratura è proprio una fuga, altrove però ho letto che fuggire è necessario. Del resto l'inquietudine può essere affrontata solo da chi ha il coraggio di fuggire le consuetudini e l'imperativo della felicità.Io penso veramente che conoscere se stessi sia pericoloso,ma necessario.Faulkner, come tutti i grandi scrittori, ci offre uno specchio. Sta a noi avere il coraggio di guardare dentro di esso.Colui che ha la forza di scrutare la propria e altrui desolazione, è l'unico che può superarla.
Per quelli che ti tormentano dicendo che la letteratura è una fuga ti consiglio questo brano di Blanchot:
"Cos'è la fuga? La parola è mal scelta, per piacere.Il coraggio consiste tuttavia nell'accettare di fuggire piuttosto che vivere qietamente e ipocritamente in falsi rifugi.I valori, le morali, le patrie, le religioni e le certezze private che la nostra vanità e la nostra propria compiacenza ci concedono sono altrettanti soggiorni ingannevoli, che il mondo appresta per quelli che credono di tenersi così in piedi e in riposo, tra le cose stabili.Non sanno nulla dell'immensa disfatta verso cui vanno, ignari di se stessi, nel brusio monotono dei loro passi sempre più rapidi che li portano impersonalmente con un gran movimento immobile. "
E' una delle cose che potrei dipingere sulle mie pareti.
Grazie.
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