Nuovi poeti americani – Autori vari

giovedì 6 luglio 2017





Elisa Biagini ha tradotto e  curato questa antologia,  Nuovi poeti americani, per Einaudi nel 2006. Sono dunque passati poco più di dieci anni e il nuovo, si sa, sbiadisce in fretta, tranne che in poesia, naturalmente, dove il vino diventa migliore invecchiando, spesso non visto, nelle botti. Ha senso allora parlare di questo libro perché l’attualità in poesia è sempre relativa. Si tratta di un interessante excursus nella recente produzione di poesia americana in cui, però, forse inevitabilmente, dato che si tratta di un’antologia, a prima vista spiccano le assenze: Mark  Strand e Charles Simic su tutti (il primo, incredibilmente, non è nemmeno citato nell’introduzione),  ma anche Philip Levine, Charles Wright, John Ashbery. Personalmente non riesco a pensare alla recente poesia americana senza fare riferimento a loro.

“Nuovi” può essere un aggettivo fuorviante o perlomeno va interpretato, perché il poeta più vecchio ospitato nella raccolta, Galway Kinnell, deceduto nel 2014, ai tempi della pubblicazione aveva già quasi ottant’anni. Ma i tempi della poesia sono geologici, quindi ci sta. Dei poeti presenti nell’antologia io conosco e ho letto precedentemente solo Sharon Olds,  il suo libro Satana dice,  proprio nella traduzione di Elisa Biagini. Alcuni li conoscevo solo di nome (Louise Glück su tutti), la maggior parte mi erano ignoti. La lettura dell’antologia mi è stata utile, dunque, perfino preziosa. È uno spaccato vivo e vivace di una poesia fondamentale per la formazione poetica di chiunque.

Gli eredi di Whitman e Pound scrivono in una lingua che conserva numerose sfaccettature, inevitabilmente, data la pluralità culturale del paese in cui vivono e in cui operano. Abbiamo così la poetessa Kimiko Hahn, di madre giapponese e padre tedesco che recupera un’antica forma di poesia giapponese, mettendosi in relazione con una poetessa di quella antichità, Sei Shoragon. Incontriamo un poeta di origini portoricane, Willie Perdomo, che fonde slam poetry, con ritmi salsa e rap, per un’ operazione culturale di alto livello. Troviamo una poetessa come Sharon Olds che ci racconta, in maniera diretta, del corpo e della malattia, attraverso il terribile resoconto del cancro del padre.  Un’altra poetessa Alicia Ostriker farà lo stesso con il racconto della propria mastectomia, pur nella differenza degli approcci, (più diretta e perfino brutale Olds, più asciutta e meditativa Ostriker), descrivendo anche il proprio ruolo d’insegnante nella bella poesia La classe. Cornelius Eady dà voce ai fantasmi scaturiti dalla paranoia della middle class bianca, indagando nelle pieghe più risposte di un fatto di cronaca. Mark Doty ci parla della morte per Aids del compagno; Elizabeth Alexander esplora il tema della nascita, indagando oniricamente il reale, per esempio, nella bella poesia in cui sogna che Sylvia Plath le faccia una permanente.  Louise Glück ci parla del mito di Orfeo ed Euridice e dell’onnipresenza malefica del Tempo, Robert Pinsky crea una poesia raffinata, dove il lager di Cracovia, le luci delle auto, una camicia densa delle storie di chi l’ha tessuta, diventano segni di una visione disincantata dell’esistenza. Poi abbiamo  le rivisitazioni di fiabe classiche di Olga Broumas, l’elegante e intima lirica di Galway Kinnell e, meno interessanti, le poesie di Lucille Clifton.

Alla fine difficile dire quale poeta rimanga più impresso, forse Perdomo per la ricercata immediatezza molto pop, Ostriker e Olds per la rielaborazione della confessional poetry, Pinsky e Glück, per l’incedere raffinato, Eady per la precisione chirurgica con cui disseziona la paranoia bianca americana, con il conseguente desiderio collettivo di capri espiatori, Elizabeth  Alexander o Kimiko Hahn, per il tono sognante, Galway Kinnell per l’equilibrio fra autobiografia e visione poetica dell’esistenza.

Comunque sia, Nuovi poeti americani è un’antologia ricca che riflette l’immagine di una poesia viva e in fermento, capace di rinnovarsi e di incidere nella nostra visione della realtà.   

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