Poesie d’amore e della memoria- Costandinos Kavafis

sabato 3 settembre 2011


Per me la migliore traduzione di Kavafis rimane quella, straordinaria, di Guido Ceronetti, che però si è limitato a tradurre una manciata di poesie; questa di Paola Maria Minucci ha il pregio di essere onnicomprensiva dell’opera del poeta: tutte le sue 154 poesie sono tradotte in questa edizione Newton Compton.

La traduzione è sempre un’impresa ardua, maggiormente per un poeta come Kavafis, che si esprime utilizzando metrica e rima, in questo caso diventa davvero un’impresa proibitiva. Ciò nonostante qualcosa rimane e nel caso del poeta di origine greca è la strana commistione di aneddotica storica e commozione erotica.

Kavafis si muove al limite dell’oblio, dentro inezie che la storia trascura ma che nella sua poesia riscoprono la loro centralità. Poesie d’amore e della memoria è un titolo che ben sintetizza questo percorso: da un lato abbiamo, per esempio, epigrafi che celebrano del morto soprattutto la bellezza svanita, dall’altro annotazioni storiche, aneddoti sulla vita delle antiche città del medio Oriente, dell’Africa, della Grecia classica, che rivivono nella pagina con il lusso delle loro statue, delle loro monete, della loro cultura. Vengono colte nell’attimo della loro decadenza, del loro sfiorire, congelate da uno sguardo che però sa avvicinarle a noi con la sua precisione rammemorante.

Sono davvero poesie della memoria e della nostalgia queste, ora memoria storica, ricordo di civiltà scomparse, ora privata rievocazione di amori passati, che nel caso di Kavafis, omosessuale, sfidano la morale comune e rischiano di apparire scandalose, soprattutto pensando che sono state scritte fra il 1897 e il 1933. La paura dello scandalo imminente è ben presente, per esempio, in questi versi:

“ Cerca di non tradirsi, s’intende. / Ma a volte non gli importa. - / Del resto, sa a cosa si espone / e l’ha accettato. Non è improbabile che questa vita / lo porti a uno scandalo atroce. “

Il poeta alessandrino di origine greca è scosso dal ricordo delle labbra baciate, dei corpi sfiorati, tutto è svanito ma non la tremula fiamma della sua passione, che perdura, nonostante il tempo passato abbia consumato i volti, fatto appassire i corpi. La memoria però non si rassegna alla caducità e consegna questi amori all’eterno; la bellezza maschile è celebrata in versi pieni di commozione, belli nella loro semplicità, caldi dell’erotismo soffuso, mai volgare, che li permea.

Il passare del tempo è una delle ossessioni di Kavafis, passare delle civiltà, passare della bellezza, il suo è un omaggio in versi a ciò che rimane, fioca candela prossima a spegnersi la sua voce celebra anche questo svanire delle cose, con tristezza, con nostalgia, con dolcezza.

“Le visioni del piacere” passato sono in questi versi materiale per una chiaroveggenza che raggiunge quasi una dimensione di misticismo, sono davvero il viatico per una consapevolezza amara: tutto trascorre, i regni, le civiltà, i corpi, e rimane solo il ricordo, persistente, a dispetto di questa fugacità, persino ossessivo, ma non dolente, perché c’è una strana felicità in tutto questo, la felicità di chi accetta di rivivere con la memoria ciò che è svanito, e si lascia affascinare fino al deliquio, fino al delirio.

Alessandria d’Egitto, città natale del poeta, è fra le protagoniste di questi versi, città che oscilla fra mito e storia e con la quale il poeta vive in simbiosi, fino a registrare fra le pieghe della sua vicenda storica eventi insignificanti, che diventano però emblematici del carattere della città, della sua natura.

Le poesie storiche hanno la peculiarità di trattare di eventi minimi: la morte di un amico, monologhi di artisti intenti alla loro opera, vaticini di oracoli, per restituirci non il fasto della storia, ma la sua quotidianità modesta. Come modesta fu la vita del poeta, priva di eventi memorabili, chiusa fra l’esercizio della sua arte e un lavoro impiegatizio.

Scrive Alberto Moravia, a proposito del modo di intendere la storia di Kavafis:

“E’ una storia frantumata, polverizzata, disossata e quindi reinventata sentenziosamente o fiabescamente, come apologo, aneddoto, ricordo, confessione, illuminazione (…) E’ insomma la storia del decadentismo, ossia di un modo di intendere la vita e la cultura, come cose immobili, fuori della storia”.

Questa immobilità, questa sospensione, è un’operazione che Kavafis compie consapevolmente, realizzando nelle sue poesie l’incantesimo della distanza mitica dalla materia trattata; ogni aspetto della vita è lasciato vivere nella sua attualità extratemporale, le stesse città descritte, i moti dell’animo dei personaggi, sono come congelati nell’eternità, come se tutto accadesse oggi e sempre, da qui la freschezza della sua rievocazione. La nostalgia degli amori passati riecheggia potente in questi versi ed ha, anche in questo caso, la natura del mito e non importa quanto povero fosse il luogo in cui questi incontri si sono consumati, la passione proietta la sua luce su ogni cosa e anche ciò che è misero risplende.

Kavafis è un poeta dell’eros, come per gli antichi greci esso domina la mente e dona sensazioni di grazia, che paiono assumere su di sé una coloritura trascendentale, dove però la trascendenza è tutta nei sensi, nell’ ebbrezza sensoriale cui l’irripetibilità conferisce sostanza di sogno.

9 commenti:

Yanez ha detto...

Che cosa è rimasto dello spirito greco, appena impolverato dalla psicosi bizantina, dalle bombe turche, da socialismi e colonnelli, e dal default? Forse un'astuzia poetica... Mi hai convinto, leggerò Kavafis.

Ettore Fobo ha detto...

Sono contento di averti convinto. Ti consiglio di partire da Un'ombra fuggitiva di piacere, la traduzione di Ceronetti per Adelphi.

Kremo ha detto...

Senti, posso fare un commento fuori argomento? Insomma, pensavo alle sospensioni leggendoti e ascoltavo Woodie Guthrie. Ascoltati qualcosa sul Tubo, te lo consiglio.

Ettore Fobo ha detto...

Bene, lo ascolterò Kremo, grazie.

giacy.nta ha detto...

"come se tutto accadesse oggi e sempre"...
Proprio ieri sera ho visto "Lo specchio" di Tarkovskij. Il tema del tempo e della memoria è presente anche lì, più meno allo stesso modo.

Ettore Fobo ha detto...

Il film di Tarkovskij l'ho visto diverso tempo fa, non lo ricordo bene. Nel caso di Kavafis l'ossessione e l'enigma della caducità si traducono nella creazione di una realtà immobile, fuori della storia.

Un saluto Giacinta.

Elena ha detto...

Come si può scrivere sull'amore? Non perchè sia stato scritto tutto, al contrario. Un niente scritto troppo spesso allo stesso modo. O forse dovrei chiedermi: come potrei saper leggere, sull'amore?

Ettore Fobo ha detto...

Beh, è una bella domanda, Elena. Io penso che si possa scrivere più facilmente di amori del passato, o di amori sognati.

Hai letto Frammenti di un discorso amoroso di Barthes? Dopo averlo letto io penso che sia difficile uscire dai clichè, il niente di cui tu parli. E' una grande sfida.

Elena ha detto...

Ho letto Barthes, e L'amore di Stendhal. Due tentativi enormi, colmi di coraggio. Ne servono altri, io credo. Ma è difficile trovare chi si giochi tutto con una materia così sfuggente.