martedì 12 giugno 2012
“Il deserto cresce. Guai a colui che cela deserti dentro di sé .”
Friedrich
Nietzsche
In Italia accadono
cose apparentemente incomprensibili: salgono sugli altari scrittori modesti, sono
proiettati film impalpabili, o francamente brutti, politicamente è il regno
della mediocrità istruita, o della corruzione acclamata, e, soprattutto, regna
la televisione sul nulla incraniato dello spettatore medio.
Lo spettatore medio,
quale carogna deve essere! Può darsi persino abbia studiato e legga i giornali,
pieno zeppo di luoghi comuni più alla moda quindi, e simile all’orangutan
linguisticamente. Crede in Dio, e nell’ultimo modello del telefonino, è un
miscuglio micidiale di caverne e astronavi. Lo vedo sazio di sé mentre assume, guardando
la televisione, quello sguardo a metà fra la cavia di laboratorio e lo zombie.
Ecco un sintomo che
è anche la spiegazione del male. A Cannes
l’Italia si presenta con il film di Garrone, cioè si racconta così: con un film
sui reality show. Questo è il modo in cui l’Italia è ormai nota all’estero:
paese rimbecillito dalla televisione, dai giornali, e dallo stesso cinema, in
fondo, oramai ridotto a poverume spiritato e macchiettistico - e penso al Nanni
Moretti di Habemus Papam, per
esempio, che la critica americana ha giustamente massacrato, film inconsistente
e futile.
Dieci anni fa a un
festival del cinema una ragazza tedesca mi disse che l’Italia sembrava un paese
culturalmente fermo. Aveva ragione, lo era, fermo. Fermo davanti alla
televisione, che ha regnato per vent’anni nella sua incarnazione più potente: paese
fermo, immobile, ipnotizzato.
E' inutile farsi illusioni, aveva ragione
Indro Montanelli: “ Un po’ di fascismo e
un po’ di Sanremo e gli italiani son contenti”. Sarà la fatalità di chi è abituato a chinare
il capo, a vivere di sotterfugi in un mondo di soprusi, sarà che la mediocrità
è ormai divenuta norma e allora va bene così, in tutto il mondo, e allora
chissenefrega dell’Italia.” Chi pensa diversamente
va spontaneamente in manicomio”. Questa frase di Nietzsche è ormai divenuta
un epitaffio della civiltà occidentale intera.
Negli anni settanta
Debord e Pasolini avevano compreso l’inizio del processo che ha portato
l’Italia a essere un paese culturalmente piegato e sconfitto. Essi chiamarono
il mostro che stava per compiere questo genocidio culturale consumismo e
società dello spettacolo. Sostennero entrambi che l’italia fosse
all’avanguardia in questo processo di annichilimento della cultura popolare in
favore del nulla e che questo fosse un processo globale. Eccolo, dunque, il processo: da individuo a consumatore, da consumatore a spettatore e
in futuro magari da spettatore
direttamente a sedia. “Produci, consuma, crepa” in tutte le sue
varianti, ma stavolta assumere il ruolo degli schiavi con entusiasmo, e sapere
che non c’è alternativa, perché è così e
bisogna stare muti.
Passati più di
trent’anni, non ci rimane che un grido debole e un debole smarrirsi in questo
oceano: la folla immemore che ci guarda dentro. E ci svuota. Non ci rimane che
restare in un angolo a tessere la tela in attesa di un’Itaca che ormai si è
infranta contro la vita quotidiana.
Ci hanno drogati con
l’oppio della democrazia, illusione che le masse possano governare qualcosa o addirittura se stesse, e
non delegare la spiacevole faccenda del
potere a qualche carnefice fatto a loro immagine e somiglianza: bestie
cieche del desiderio di essere.
Ettore
Fobo
18 commenti:
Un post quasi rabbioso. Molto intenso, sicuramente.
Ovviamente mi sento di appoggiare ogni sillaba da te scritta.
è ormai qualche decennio che si è in questa situazione e gli effetti sono sotto gli occhi di tutti...tutti si, tranne il "nulla incraniato" ( definizione che non dimenticherò ) e...le sedie.
@Mia Euridice
Pensa che l’ho scritto in un momento di serenità (lucidità?), dopo una telefonata con un caro amico, il quale mi ha rimproverato di essere troppo “ politicamente corretto”. Nelle mie corde c’è anche questa rabbia. Si è affievolita negli anni ma è rimasta.
@Giacinta
Sono decenni sì, i decenni poveri e idioti in cui ci tocca vivere. Ecco perché sostengo da diversi anni che non possedere la televisione in Italia sia l’unico gesto politico degno di nota.
"Ci hanno drogati con l’oppio della democrazia, illusione che le masse possano governare qualcosa o addirittura se stesse, e non delegare la spiacevole faccenda del potere a qualche carnefice fatto a loro immagine e somiglianza: bestie cieche del desiderio di essere."
Caro Ettore, concordo pienamente con questa tua frase e con il non-detto che essa porta, violentemente, con sè.
Non v'è redenzione, non v'è via d'uscita: la democrazia della massa scivola in oclocrazie istintuali e becere fatte di opinioni labili, emotive e condizionabili.
La televisione ha un enorme potere di influenza riuscendo a colpire la parte molle, spaventta, dell'individuo.
Temo, caro Ettore, che in Italia il fenomeno sia solo più visibile ma che esso sia globale e inesorabile.
Logos
mi sento di quotare tutto quello che dici, caro ettore. hai ragione da vendere (vendere, sempre lì si va a finire: che tristezza...)
Non ho visto il film di Garrone e ho poca esperienza anche sui reality show. Concordo, in linea di massima, con quello che dici tu. Tuttavia, rispondendo idealmente (con un po' di "esprit de l'escalier") alla ragazza tedesca del festival, controbatterei: e la Germania, è un paese culturalmente vivace? Sono apparsi molti romanzieri di valore ultimamente? Il Wenders di oggi, così lontano (non così vicino) dalle sue belle pellicole degli anni '80, è tanto meglio di Moretti? E Stockhausen, Stockhausen come sta? C'è vita nella grande Germania, a parte le banche?
La mia non è una ripicca: lo stesso discorso si potrebbe fare a proposito di qualunque altra nazione europea. La cultura francese è una stanca riproposizione di provocazioni scadute, quella spagnola va bene al massimo per gli studenti Erasmus sbronzi di prima mattina, la Gran Bretagna è una colonia culturale del Pakistan... L'intero continente non ha retto alla potenza disgregante del post-moderno e si rimbecillisce in una senilità infoiata e lagnosa con paradossali tratti infantili.
L'America, come al solito, è un caso a parte.
Ciò che rende l'Italia un'eccezione negativa è forse come il rimbambimento tipico della società democratica, l'indefinita dilatazione del gioco e del divertimento siano sbandierate, esibite: retaggio di una povertà ancora troppo recente? Chi aveva nonni piegati sui campi, come può resistere alla tentazione di vantarsi dell'ozio e della ricchezza improvvisamente e immeritatamente conseguite?
Come sai, mi permetto il lusso di mettere in discussione l'intero edificio dell'ideologia democratica. Restando all'interno di questa ideologia, la risposta non si trova e ci si arrabbia. Almeno, così la vedo io...
@Logos
Sì Logos, penso anch’io sia un processo globale. In Italia però si sono raggiunti dei livelli di vera perversione.
@ Zoon
Grazie dell'intervento Zoon, un saluto.
@Yanez
Sì Yanez, il resto dell’Occidente non se la passa molto meglio di noi. Io ho parlato dell’Italia, unicamente perché la conosco meglio. Sono consapevole che la mediocrità avanza globalmente e non è neanche un fenomeno recente se già a inizio Novecento Spengler parlava di tramonto dell’Occidente.
Caro Fobo,
meno male che esisti...
Concordo su tutto, anche sulla mediocritá del film di Moretti. Che dirti? Fuori dall´Italia non é molto meglio, purtroppo - l´uomo adora la mediocritá perché una volta raggiunta, totalmente, a pieni polmoni, puó delegare e liberarsi dell´orribile sforzo del pensiero - io alle volte penso d´aver perso in partenza, nella culla, da subito e mi viene una depressione.... non so, Fobo, sinceramente, non so...ma poi penso a qualche scrittore, vivo!, strano a dirsi, vivo!, come Mario Vargas Llosa, Gabriel Garcia Marquez e i brasiliani Rubem Fonseca e João Ubaldo Ribeiro e mi dico che forse, forse...
matteo g.
Ciao Mg. Non conosco i due scrittori brasiliani che hai citato, mi hai incuriosito.
habemus è un filmetto con una buona ideuzza che naufraga in una serie di clamorosi errori di regia. mettendoci le mani, se ne poteva ricavare un buon corto di mezz'ora. meglio riguardare il ferreri de l'udienza. su reality di garrone. non l'ho visto ma mi sento di citare un critico usa: garrone è rimasto a prima di truman show. aggiungo che quest'anno è uscito l'ottimo hunger games che secondo me, senza pretese artistiche, dice molto sul tema.
bel post, ettore, come sempre.
a proposito di scrittori brasiliani, guimaraes rosa, il più grande di tutti.
saluti
L’udienza di Ferreri lo conosco bene, gran bel film, con uno Jannacci straordinario. L’idea in Habemus Papam c’era sì, ma è veramente svolta con dilettantismo. Oso dire da filmato amatoriale, soprattutto nella caratterizzazione macchiettistica di tutti i personaggi. Drizzo le antenne a proposito di Hunger games, i tuoi consigli cinematografici sono per me sempre preziosi. E mi sa che sugli scrittori brasiliani mi devo aggiornare. Ciao Eustaki.
Ma anche la rassegnazione è deserto.
Diogene senza l'anima?
Guimarães Rosa é fantastico, praticamente ha inventato la lingua delle pianure desertiche dell´entroterra brasiliano. Il suo protagonista, un killer visionario, spietato e sentimentale, é originalissimo, lo stile ricorda Joyce...ma in portoghese é cosí complicato, che ci ho provato due volte e mi sono fermato dopo 200 pagine...m.g.
@ Diogene senza l’anima?
In realtà io non sono rassegnato… Arrabbiato forse, sconfortato a volte, ma rassegnato no, non credo, altrimenti non scriverei nulla.
@MG
Da quello che mi dici deve essere uno scrittore molto interessante. Cercherò i suoi libri.
Rimproverato di essere politicamente corretto? Ma da dove é venuta al tuo amico questa idea?
Uno dei misteri poco gaudiosi per me é sempre stata l'incomprensibile ascesa cinematografara del Nannarello nazionale.Le uniche due parole degne della sua opera sono dllettantesca e amatoriale,cosa che sostengo da sempre e che trovo anche in questi commenti.Io l'ho definito cinema parrocchiale.
Per non parlare di tanta fuffa letteraria che impesta le librerie e la mente di presunti scrittori.
L'Italia é sempre più quell'espressione geografica menzionata da quel tale e che non mi sento di paragonare ad esempio alla Francia o ad altre realtà culturali che saranno pure in decadenza,ma non certo decedute,stecchite dalla stupidità che avvolge la penisola come un grande e inarrestabile blob.
Il problema non é tanto d'esser stati drogati,quanto di aver avuto spacciatori di merce avariata.
Concordo Johnny. Che un regista così sia oggi considerato importante è comunque la prova che in Italia il cinema è in crisi da più di trent’anni. La letteratura pure. Da quanto non esce un romanzo capolavoro?
Il mio amico preferirebbe leggere più stroncature su questo blog ma io i libri che non mi piacciono in genere non li finisco, o non li leggo proprio. So d’istinto se un libro mi piace o no, molti non superano la prova del nove, che è rappresentata dall’incipit. Poi sono dell’idea che se un libro è brutto è meglio ignorarlo. Per farti un esempio mi è capitato fra le mani per vie assolutamente traverse un romanzo di Ammaniti, da cui Bertolucci ha avuto il coraggio di trarre un film. S’intitola Io e te. In questo caso sono sufficienti il titolo e il nome dell’autore. Che bisogno c’è di leggerlo o addirittura recensirlo? Alcune cose vanno snobbate senza pietà.
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