Omaggio a Sesto Properzio – Ezra Pound

mercoledì 20 maggio 2015




Traduzione creativa veramente finta, parodia, rilettura critica, imitazione, pastiche, burla letteraria; per Omaggio a Sesto Properzio del poeta americano Ezra Pound le definizioni si sprecano.  Di certo c’è che partendo da Properzio e reiventandolo con gusto della beffa, Pound scrive un poema paradossalmente decisivo per la sensibilità moderna.

Non poche furono le polemiche dei latinisti che pensarono che Pound si fosse introdotto in un territorio non suo. Tuttavia il poeta americano colse qualcosa di Properzio che gli eruditi non avevano colto: l’ironia, la leggerezza irriverente e paradossale del poeta antico. Pound non era un grande conoscitore del latino, la sua versione da Properzio è perciò una sorta di reinvenzione fantasiosa, dove il latino viene tradito consapevolmente. Pound stesso non considerava la sua una traduzione, piuttosto  un pastiche linguistico alla maniera di, in cui l’originale era solo una traccia su cui improvvisare musicalmente. Così un forse  oscuro poeta latino diventa protagonista della scena letteraria novecentesca e l’operazione di Pound è definita  da qualche critico del tempo ora una “per - versione” ora un “collage” e il suo  un atteggiamento di “gaia strafottenza” verso ogni seriosità erudita.

È passato quasi un secolo - Omaggio a Sesto Properzio fu scritto nel 1918 - ma quest’opera continua a trasmettere al lettore un’idea sconcertante di modernità. La forza di questi versi, colloquiali, ironici e raffinati insieme, continua a farci apparire un poeta dell’antichità romana, Sesto Properzio, pressoché noto solo agli studiosi se non agli eruditi, nostro contemporaneo. Pound indossa una maschera, quella del poeta latino, finge di appartenere a questa antichità, per raccontarci la sua idea di poesia. Innanzitutto esprimersi indirettamente, attraverso una maschera appunto, badare all’essenzialità della forma e dei contenuti, narrare le gesta di Eros e non quelle di Marte, leggere la storia in profondità per ricavare i suoi temi eterni e mescolare i topoi della poesia, sdrammatizzandone la materia stessa. Omaggio a Sesto Properzio è dunque un colossale imbroglio, non si sa dove finisca Properzio e inizi Pound e viceversa, gioco sottile e molto moderno di rivisitazione, reinvenzione, finzione arguta, gioco di maschere che rivela la natura illusoria di ogni processo creativo.

Sono versi questi che continuano ad abbagliare per la forza delle immagini e per la raffinatezza con cui la mitologia viene riproposta in chiave ironica, parodistica. È una poesia colta, che,  però,  è anche uno sberleffo a ogni erudizione seriosa, che sceglie i suoi modelli classici e si propone consapevolmente come modello a sua volta. La rileggo oggi nella traduzione di Massimo Bacigalupo, che la casa editrice SE ripropose nel 2010.

Riproposta di alto livello, che rende giustizia all’opera di Pound,  la cui influenza sulla poesia del Novecento fu decisiva, sia per chi colse il suo sforzo di rinnovamento del verso, come Eliot,  sia su coloro che svilupparono la loro idea quasi in opposizione a quella poundiana, come gli esponenti della confessional poetry americana. Maestro di forme nuove fu Pound e pensatore politico controverso, e che comunque pagò un prezzo alto per le sue idee (aderì al fascismo durante la guerra e quando essa finì fu rinchiuso in un manicomio criminale dagli americani, scampando alla fucilazione per alto tradimento.)

Eliot spese sempre parole di gratitudine verso Pound,  arrivando a dire,  forse generosamente,  che  la maggior parte dei propri  versi migliori  riecheggiavano in realtà quelli dell’amico. E qui si ritorna all’idea di modernità. Se il compito del poeta è di essere - come nelle parole di Rimbaud - “assolutamente moderno”, l’opera di Pound esaudisce perfettamente questo dovere, tanto che ancora adesso un poema come Omaggio a Sesto Properzio brilla per la sua modernità;  è un’opera che continua ad essere attuale e un punto di riferimento imprescindibile per chiunque scriva versi. Pound, infatti,  continua  a insegnarci qualcosa: come si possono scrivere versi d’amore senza essere stucchevoli, uscendo dal pantano del Romanticismo, come rispettare e amare i classici, senza imbalsamarli, come nel processo creativo si indossi o si debba indossare sempre una maschera,  come continuare a credere nella poesia, nella sua importanza,  nonostante il mondo la ignori.  Così in questo poema, l’arte di scrivere versi è riportata alla sua funzione originaria, di deposito per la memoria della specie umana. La sua funzione principe è la stessa da millenni, quella di tramandare. Cosa ne sarebbe, si chiede Properzio - Pound,  di Ilio, degli dei, e degli eroi, se non vi fosse stato Omero?

L’oblio è forte, sembra dirci Pound nei panni di Properzio, ma la poesia di più. Purché abbandoni ogni solennità, ogni pretesa fatua di immortalità e si mischi con l’ironia, quell’ironia che fa scrivere al poeta che dopo il suo funerale egli avrà di certo un boom, perché ”l’antichità  accresce tutto/ indipendentemente dalla qualità. ”

Numi tutelari di Properzio - Pound Callimaco e le sue ombre e Fileta e i suoi spiriti.  Così Pound scegliendo i suoi maestri ci illustra nuovamente la sua idea di poesia, qualcosa di raffinato e forse oscuro certo ma soprattutto “qualcosa da leggere in circostanze normali”. Pound sceglie così la via di un paganesimo aristocratico, e forse astratto, per lo stile ma popolare e carnale nei contenuti. Forte la critica verso la poesia ufficiale di Virgilio, verso cui si usano toni sardonici, poiché  egli con la sua poesia “ha oscurato i maestri della poesia amorosa”,  come commenta Bacigalupo. Pound sceglie come modello un poeta classico ma minore,  nell’accezione deleuziana.

Non canta la guerra, la cosmogonia  i  fatti storici o  mitici ma l’amore per una donna, Cinzia in questo caso, le orge bacchiche, le danze, i misteri dionisiaci.  L’operazione è sofisticata: una traduzione che è un tradimento consapevole e architettato con gusto tutto moderno per il pastiche, un imbroglio calcolato che rivela dietro la maschera dell’intellettuale la vera natura del poeta: quella del buffone, del commediante,  del saltimbanco, dell’illusionista, del mago che spaccia moneta falsa, che ama travestirsi  e inventare mondi illusori.

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