lunedì 26 marzo 2018
Leggere è sempre esercizio di
umiltà: aprirsi all’altro, immergendosi nella scrittura e nei suoi vuoti, non
comprendendo ma tentando di indovinare. La scrittura, se è tale e non
imitazione di un dato modello consumistico di leggibilità, è sempre oracolare.
Si tasta qualcosa, come i ciechi con il linguaggio Braille, e sulle mani
rimangono sentori di galassie, fremiti di abissi, echi spettrali di caverne.
Massimamente questo accade con la poesia e la filosofia, in cui la parola
cessa di comunicare e s-comunica la lingua, il suo imperativo fascista di
esaurire il tutto. Non c’è tutto ma miriade di particelle e frammenti che non
cercano più unità, si dissolvono.
2 commenti:
Leggere è una perenne scoperta, anche sofferta o dolorosa a volte.
Ma comunque sorprendente e ipnotica.
@Euridice
Proprio di recente sto pensando a quanto la mia vita sia sempre ruotata intorno alla lettura. Sin da bambino, con le prime elettrizzanti scoperte, da adolescente quando è iniziata la mia passione per la poesia, fino ad oggi. Mi sono sempre trovato a mio agio in biblioteche e librerie (in un paio di biblioteche ho anche lavorato). Questo blog, che è online da quasi dieci anni, del resto è testimonianza di questa passione che è vero, come dici tu, può essere anche sofferta.
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