giovedì 14 gennaio 2021
”Delle nuove da me non credo che vi aspettiate. Sapete
ch'io abbomino la politica, perché credo, anzi vedo che gl'individui sono
infelici sotto ogni forma di governo; colpa della natura che ha fatti gli
uomini all'infelicità; e rido della felicità delle masse, perché il mio piccolo
cervello non concepisce una massa felice, composta d'individui non felici.
Molto meno potrei parlarvi di notizie letterarie, perché vi confesso che sto in
gran sospetto di perdere la cognizione delle lettere dell'abbiccì, mediante il
disuso del leggere e dello scrivere. I miei amici si scandalizzano; ed essi
hanno ragione di cercar gloria e di beneficare gli uomini; ma io che non
presumo di beneficare, e che non aspiro alla gloria, non ho torto di passare la
mia giornata disteso su un sofà, senza battere una palpebra. E trovo molto
ragionevole l'usanza dei Turchi e degli altri Orientali, che si contentano di
sedere sulle loro gambe tutto il giorno, e guardare stupidamente in viso questa
ridicola esistenza. “
dicembre 1831, Giacomo Leopardi
2 commenti:
Oppure la via apolitica di Jünger, quella dell'indurimento nell'interiorità del singolo, frutto di immani pressioni esterne che generano il diamante. Una soluzione aristocratica che però non mi ha mai propriamente convinto.
@Humachina
La politica è solo il vociare del mercato intorno alla peristalsi intestinale dell’opinione pubblica sua emanazione. Tutto è ridotto a mero tifo calcistico. L’aristocratico “passaggio al bosco” mi affascina, mi seduce ma è un’impossibilità utopistica. Che fare? Non so ma in Zingaretti, Renzi, Conte, Di Maio o peggio in Salvini, Meloni, Berlusconi e company io vedo solo il triste uomo medio o mediocre che impone il suo imperio chiamandolo la Realtà. Triste dominio di Nessuno su Niente. Ho fatto dei nomi sapendo che i nomi passano, le facce del Vuoto cosmico restano. Perché affliggersi se una bandiera, un tempo issata al cielo, viene ammainata e cade nella polvere? Che altro dire? I versi di Leopardi ci soccorrono” “Omai disprezza/ Te la natura il brutto/ Poter che ascoso a comun danno impera/ E l’infinita vanità del tutto.
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