mercoledì 21 gennaio 2009
Con la convulsa scrittura di Madame Edwarda, Georges Bataille entra di prepotenza in quell’area segreta dove la sessualità più brutale si trova stranamente connessa con il sublime, con Dio, con la morte. E’la narrazione questa di un controsenso delirante in grado di cortocircuitare la ragione stessa, ridotta a spettro impotente davanti all’irruzione di qualcosa di profondamente selvaggio, che fa saltare le categorie più elementari su cui si fonda la convivenza civile.
E’ il tema di un erotismo che si fonde con il porno, elevato però a concezione filosofica del sesso, capace di degradare l’essere umano, fino a sfigurarlo, in un piacere che è parossismo nichilistico di trasfigurazione autodistruttiva e al tempo stesso avvicinarlo a Dio, come fosse un’ esperienza mistica vissuta nella carne. Nella prefazione, scritta dallo stesso Bataille una frase condensa tutto questo:”Raggiungiamo il piacere solo nella prospettiva seppur remota della morte, di ciò che ci annienta.”laddove, per Bataille, il piacere ci differenzia dagli animali proprio per la sua misteriosa assonanza con il buio terrore della morte.
Nel racconto Madame Edwarda, donna dell’impossibile, baccante sfrenata, domino notturno, prostituta di un bordello, è per il protagonista un veicolo verso il segreto dell’esistenza, nel contempo una trappola e la via da seguire dell’ignoto; il suo sesso famelico e misterioso e’ il sesso stesso della Donna, enigmatico, disponibile o sfuggente, ammaliatore, divoratore, e molti aggettivi si potrebbero sprecare per tentare di definire l’indefinibile, che Bataille ha saputo così genialmente far vorticare in questo racconto. Qui la Parigi notturna sembra prefigurare, spingendola all’estremo, la New York del Doppio sogno kubrickiano, con la sua atmosfera sospesa tra desiderio e frustrazione, fra incubo ed estasi. Una notte che potrebbe essere magica se non fosse sordida, disperata ricerca di un piacere che sfugge .Il protagonista cerca la liberazione, denudandosi nella frescura notturna e afferrando il proprio sesso eretto, sguaiato e volgare, ricercando quella che Nietzsche chiamava sensazione suprema nel contatto con la massima angoscia , che e’ donna, è madame Edwarda, che è il vuoto baratro dell’impensabile da cui ci separa la convenzionale e comoda impostura d’una identità, che è Dio, ma non un Dio delle cattedrali, un Dio dei bassifondi, delle taverne, dei bordelli. Domina l’assenza in questo testo dalle complicazioni filosofiche così evidenti, il protagonista è scosso da sensazioni di annichilimento, si sente infelice”abbandonato come lo si è in presenza di Dio”, e questo apparente paradosso scivola nel testo con grazia. Su tutto, sul sesso, sul piacere, su Dio, sull’uomo soprattutto, aleggia lo spettro di una derisione assoluta “l’angoscia sovrana assoluta, la mia sovranità morta sulla strada”,come si legge nelle prime righe che precedono il testo vero e proprio, “la cui tristezza deride ogni cosa”. Il sesso aperto ed esibito di Madame Edwarda e’ metafora di quest’angoscia ”le labbra mi fissavano, pelose e rosee, come una piovra ripugnante.” Ma in tutto questo la salita delle scale del bordello verso la camera da letto gli pare soltanto “ un’allucinante solennità ” e così l’odore acre del corpo di Madame Edwarda e il suo osceno ancheggiare, ma ecco allora spuntare il tema della fragilità della carne nuda delle altre prostitute, esposta a ricordare soltanto ciò che potrebbe farne “il coltello da macellaio”, e poi la morte, presenza ossessiva, che sembra partecipare alla festa, a questa speciale e profana assunzione della prostituta al cielo dell’alcova. E dopo il sesso, la metamorfosi di Madame Edwarda in un domino seminudo che si aggira per le strade in compagnia del protagonista. Ed è nella solitudine delle vie notturne che Edwarda sembra essere epifania stessa della divinità nella sua spettrale indifferenza, in tutto simile a una oggetto la cui presenza “aveva la semplice inintelligibilità d’una pietra”. La prostituta del bordello si e’ dunque trasformata in un enigma, manifesta il vuoto, l’assenza, il lutto, come una preda si fa inseguire, ma è lei la cacciatrice lei in cui, non si può più dubitare, “regnava la morte”. L’enigma di questa metamorfosi sconvolge e affascina il protagonista, preso in una rete di fascinazioni difficilmente definibili. Edwarda viene colta poi da una crisi isterica.: si dimena, ride, si denuda, poi, sempre senza motivo, comincia a tempestare di pugni il protagonista e anche in questo caso la sua nuova nudità ricorda la morte”aveva l’assenza di senso, e nel contempo l’eccesso di senso di un abbigliamento mortuario.”Si ritrovano poi su un taxi, dove stavolta abbandonato il vestito di domino, nuovamente nuda Edwarda è l’animale per eccellenza, seduce il corpulento tassista e, accanto al protagonista pietrificato, si lascia penetrare da lui. Dopodiché i tre si addormentano .Le ultime pagine sono l’estrema riflessione del protagonista sul senso della vicenda appena occorsagli, l’incontro con una pazza che è anche un ignoto miracolo, che gli ha rivelato la sostanziale assurdità della vita. Come sperare in realtà di cavarne un senso ? ”Non riesco ricavare nessun significato che non sia il mio supplizio.” Il primo risvegliarsi e’ proprio lui. Sta male, non c’e’altro.”Il resto è ironia, lunga attesa della morte.”
Scritto nel settembre-ottobre 1941 e pubblicato sotto lo pseudonimo di Pierre Angelique, Madame Edwarda pur nella sua brevità è una precisa espressione della visione filosofica di Georges Bataille, ,che intese, usando le sue stesse parole, rappresentare stati di trance sessuale incoerenti, in un racconto dove alla sessualità fosse restituita una forma di solennità da incubo, che una risata acre, di ribrezzo e paura, cerca disperatamente di annientare. La demistificazione del reale, avviene a livello d’un surplus di grottesco e di ridicolo che non può suscitare altro che un prolungato sgomento; la sovranità su sé stessi e su ciò che ci circonda è completamente perduta , un po’ come avviene ne La nausea di Sartre, dove le cose perdono gradualmente di significato, in Madame Edwarda la centralità dell’esperienza sessuale così esibita finisce per fargli acquisire, per così dire, l’aria di un inutile scherzo atroce, giocato sul piano d’una sacralità demente,e quasi destituito di senso realmente umano, e così facendo il sesso diventa una specie di raccapricciante discesa negli inferi della carnalità più cruda, dove forse ci attende la sconcertante risata d’un dio. E’ qui dunque il sesso viene ridotto a cupo spettacolo estatico, che porta con sé una certa forma di angosciosa dannazione, svelando al tempo stesso misteriosa la santità oscena e animalesca rappresentata da una prostituta di bordello, nel tentativo batalliano di rimettere sulla scena del mondo tutti quegli stati di alterazione sessuale, sorta di invasamento dionisiaco, che il mondo stesso tende a rimuovere e che rappresentano forse il suo segreto più significativo. L’eresia del libro sta nel far coincidere la massima umiliazione, la perversione, il grottesco più ridicolo, con la ricerca stessa della divinità, che in Bataille è avvertita come l’estremo nulla, che giace sul fondo dell’esperienza di morte, di cui l’amplesso è forse solo una caricatura. Se la tracimazione eccessiva delle paura e del disgusto, lungi dal soffocarlo, potenziano il piacere, e ne sono l’unico vero alimento, ecco che l’angoscia si rivela essere sin dall’incipit “sporca” sì, ma anche “inebriante”. In questo caso l’estrema volgarità delle situazioni è vivisezionata come il limite stesso da infrangere per ottenere, nel buio profondo dell’esistenza, una parvenza di piacere, subito negata dal sopraggiungere di una morale che fa di questo un peccato o meglio ancora qualcosa di mostruoso , ma qui il tanto ricercato oltraggio al pudore diventa pantomima in grado di svelare la parentela tra l’osceno e il sublime, nel loro identico, enigmatico trascendere la ragione .Così in questo breve racconto le due figure antitetiche in apparenza di Eros e Thanatos si trovano ad essere stranamente complici, così come il massimo dolore ha qualcosa a che vedere con il massimo piacere. Sin dalle prime righe, che qui sotto riporto, il lettore viene catapultato in una situazione intollerabile, a sbrigarsela fra stati d’animo d’angoscia che anelano al loro estinguersi attraverso l’innestarsi di dinamiche sessuali. Ma se il sesso è davvero solo l’ulteriore angoscia che ci connette con la morte, la redenzione affidata a una prostituta si riduce nel non sense di tutta l’esistenza, nel suo enigmatico nulla.
L’’edizione italiana di Gremese editore accorpa a Madame Edwarda altri due racconti Il morto e Il piccolo dove a dominare è sempre una visione angosciante e catastrofica della sessualità.
Incipit di Madame Edwarda:
“All’angolo della strada l’angoscia, una angoscia sporca e inebriante, mi sfigurò (forse aver visto due ragazze furtive sulla scala di un gabinetto). In questi casi, ,mi vien voglia di vomitare. Dovrei spogliarmi nudo, o denudare le ragazze che desidero: il tepore di carni dolciastre mi darebbe sollievo. Ma ricorsi al mezzo più economico: al bancone ordinai un Pernod e lo ingollai; continuai di bancone in bancone, fino a… La notte era calata del tutto.”
"La verità di Madame Edwarda consiste nel confrontarci con uno scandalo palese che pure non sapremmo dove collocare. Potessimo incriminarne le parole: mai ve ne furono di così rigorose; o le circostanze, il fatto che Madame Edwarda è una puttana di postribolo, ma questo, anzi, potrebbe essere rassicurante; o ancora che certi particolari, che si devono dire osceni, lo sono con una necessità che li nobilita e li rende inevitabili, non tanto in nome dell'arte, ma per una esigenza forse morale, forse fondamentale. (...) Che il più incongruo dei libri, come lo definisce Georges Bataille nella sua prefazione, sia anche il libro più bello, e forse il più tenero, questo allora è soprattutto scandaloso" (da un testo di Maurice Blanchot )
E’ il tema di un erotismo che si fonde con il porno, elevato però a concezione filosofica del sesso, capace di degradare l’essere umano, fino a sfigurarlo, in un piacere che è parossismo nichilistico di trasfigurazione autodistruttiva e al tempo stesso avvicinarlo a Dio, come fosse un’ esperienza mistica vissuta nella carne. Nella prefazione, scritta dallo stesso Bataille una frase condensa tutto questo:”Raggiungiamo il piacere solo nella prospettiva seppur remota della morte, di ciò che ci annienta.”laddove, per Bataille, il piacere ci differenzia dagli animali proprio per la sua misteriosa assonanza con il buio terrore della morte.
Nel racconto Madame Edwarda, donna dell’impossibile, baccante sfrenata, domino notturno, prostituta di un bordello, è per il protagonista un veicolo verso il segreto dell’esistenza, nel contempo una trappola e la via da seguire dell’ignoto; il suo sesso famelico e misterioso e’ il sesso stesso della Donna, enigmatico, disponibile o sfuggente, ammaliatore, divoratore, e molti aggettivi si potrebbero sprecare per tentare di definire l’indefinibile, che Bataille ha saputo così genialmente far vorticare in questo racconto. Qui la Parigi notturna sembra prefigurare, spingendola all’estremo, la New York del Doppio sogno kubrickiano, con la sua atmosfera sospesa tra desiderio e frustrazione, fra incubo ed estasi. Una notte che potrebbe essere magica se non fosse sordida, disperata ricerca di un piacere che sfugge .Il protagonista cerca la liberazione, denudandosi nella frescura notturna e afferrando il proprio sesso eretto, sguaiato e volgare, ricercando quella che Nietzsche chiamava sensazione suprema nel contatto con la massima angoscia , che e’ donna, è madame Edwarda, che è il vuoto baratro dell’impensabile da cui ci separa la convenzionale e comoda impostura d’una identità, che è Dio, ma non un Dio delle cattedrali, un Dio dei bassifondi, delle taverne, dei bordelli. Domina l’assenza in questo testo dalle complicazioni filosofiche così evidenti, il protagonista è scosso da sensazioni di annichilimento, si sente infelice”abbandonato come lo si è in presenza di Dio”, e questo apparente paradosso scivola nel testo con grazia. Su tutto, sul sesso, sul piacere, su Dio, sull’uomo soprattutto, aleggia lo spettro di una derisione assoluta “l’angoscia sovrana assoluta, la mia sovranità morta sulla strada”,come si legge nelle prime righe che precedono il testo vero e proprio, “la cui tristezza deride ogni cosa”. Il sesso aperto ed esibito di Madame Edwarda e’ metafora di quest’angoscia ”le labbra mi fissavano, pelose e rosee, come una piovra ripugnante.” Ma in tutto questo la salita delle scale del bordello verso la camera da letto gli pare soltanto “ un’allucinante solennità ” e così l’odore acre del corpo di Madame Edwarda e il suo osceno ancheggiare, ma ecco allora spuntare il tema della fragilità della carne nuda delle altre prostitute, esposta a ricordare soltanto ciò che potrebbe farne “il coltello da macellaio”, e poi la morte, presenza ossessiva, che sembra partecipare alla festa, a questa speciale e profana assunzione della prostituta al cielo dell’alcova. E dopo il sesso, la metamorfosi di Madame Edwarda in un domino seminudo che si aggira per le strade in compagnia del protagonista. Ed è nella solitudine delle vie notturne che Edwarda sembra essere epifania stessa della divinità nella sua spettrale indifferenza, in tutto simile a una oggetto la cui presenza “aveva la semplice inintelligibilità d’una pietra”. La prostituta del bordello si e’ dunque trasformata in un enigma, manifesta il vuoto, l’assenza, il lutto, come una preda si fa inseguire, ma è lei la cacciatrice lei in cui, non si può più dubitare, “regnava la morte”. L’enigma di questa metamorfosi sconvolge e affascina il protagonista, preso in una rete di fascinazioni difficilmente definibili. Edwarda viene colta poi da una crisi isterica.: si dimena, ride, si denuda, poi, sempre senza motivo, comincia a tempestare di pugni il protagonista e anche in questo caso la sua nuova nudità ricorda la morte”aveva l’assenza di senso, e nel contempo l’eccesso di senso di un abbigliamento mortuario.”Si ritrovano poi su un taxi, dove stavolta abbandonato il vestito di domino, nuovamente nuda Edwarda è l’animale per eccellenza, seduce il corpulento tassista e, accanto al protagonista pietrificato, si lascia penetrare da lui. Dopodiché i tre si addormentano .Le ultime pagine sono l’estrema riflessione del protagonista sul senso della vicenda appena occorsagli, l’incontro con una pazza che è anche un ignoto miracolo, che gli ha rivelato la sostanziale assurdità della vita. Come sperare in realtà di cavarne un senso ? ”Non riesco ricavare nessun significato che non sia il mio supplizio.” Il primo risvegliarsi e’ proprio lui. Sta male, non c’e’altro.”Il resto è ironia, lunga attesa della morte.”
Scritto nel settembre-ottobre 1941 e pubblicato sotto lo pseudonimo di Pierre Angelique, Madame Edwarda pur nella sua brevità è una precisa espressione della visione filosofica di Georges Bataille, ,che intese, usando le sue stesse parole, rappresentare stati di trance sessuale incoerenti, in un racconto dove alla sessualità fosse restituita una forma di solennità da incubo, che una risata acre, di ribrezzo e paura, cerca disperatamente di annientare. La demistificazione del reale, avviene a livello d’un surplus di grottesco e di ridicolo che non può suscitare altro che un prolungato sgomento; la sovranità su sé stessi e su ciò che ci circonda è completamente perduta , un po’ come avviene ne La nausea di Sartre, dove le cose perdono gradualmente di significato, in Madame Edwarda la centralità dell’esperienza sessuale così esibita finisce per fargli acquisire, per così dire, l’aria di un inutile scherzo atroce, giocato sul piano d’una sacralità demente,e quasi destituito di senso realmente umano, e così facendo il sesso diventa una specie di raccapricciante discesa negli inferi della carnalità più cruda, dove forse ci attende la sconcertante risata d’un dio. E’ qui dunque il sesso viene ridotto a cupo spettacolo estatico, che porta con sé una certa forma di angosciosa dannazione, svelando al tempo stesso misteriosa la santità oscena e animalesca rappresentata da una prostituta di bordello, nel tentativo batalliano di rimettere sulla scena del mondo tutti quegli stati di alterazione sessuale, sorta di invasamento dionisiaco, che il mondo stesso tende a rimuovere e che rappresentano forse il suo segreto più significativo. L’eresia del libro sta nel far coincidere la massima umiliazione, la perversione, il grottesco più ridicolo, con la ricerca stessa della divinità, che in Bataille è avvertita come l’estremo nulla, che giace sul fondo dell’esperienza di morte, di cui l’amplesso è forse solo una caricatura. Se la tracimazione eccessiva delle paura e del disgusto, lungi dal soffocarlo, potenziano il piacere, e ne sono l’unico vero alimento, ecco che l’angoscia si rivela essere sin dall’incipit “sporca” sì, ma anche “inebriante”. In questo caso l’estrema volgarità delle situazioni è vivisezionata come il limite stesso da infrangere per ottenere, nel buio profondo dell’esistenza, una parvenza di piacere, subito negata dal sopraggiungere di una morale che fa di questo un peccato o meglio ancora qualcosa di mostruoso , ma qui il tanto ricercato oltraggio al pudore diventa pantomima in grado di svelare la parentela tra l’osceno e il sublime, nel loro identico, enigmatico trascendere la ragione .Così in questo breve racconto le due figure antitetiche in apparenza di Eros e Thanatos si trovano ad essere stranamente complici, così come il massimo dolore ha qualcosa a che vedere con il massimo piacere. Sin dalle prime righe, che qui sotto riporto, il lettore viene catapultato in una situazione intollerabile, a sbrigarsela fra stati d’animo d’angoscia che anelano al loro estinguersi attraverso l’innestarsi di dinamiche sessuali. Ma se il sesso è davvero solo l’ulteriore angoscia che ci connette con la morte, la redenzione affidata a una prostituta si riduce nel non sense di tutta l’esistenza, nel suo enigmatico nulla.
L’’edizione italiana di Gremese editore accorpa a Madame Edwarda altri due racconti Il morto e Il piccolo dove a dominare è sempre una visione angosciante e catastrofica della sessualità.
Incipit di Madame Edwarda:
“All’angolo della strada l’angoscia, una angoscia sporca e inebriante, mi sfigurò (forse aver visto due ragazze furtive sulla scala di un gabinetto). In questi casi, ,mi vien voglia di vomitare. Dovrei spogliarmi nudo, o denudare le ragazze che desidero: il tepore di carni dolciastre mi darebbe sollievo. Ma ricorsi al mezzo più economico: al bancone ordinai un Pernod e lo ingollai; continuai di bancone in bancone, fino a… La notte era calata del tutto.”
"La verità di Madame Edwarda consiste nel confrontarci con uno scandalo palese che pure non sapremmo dove collocare. Potessimo incriminarne le parole: mai ve ne furono di così rigorose; o le circostanze, il fatto che Madame Edwarda è una puttana di postribolo, ma questo, anzi, potrebbe essere rassicurante; o ancora che certi particolari, che si devono dire osceni, lo sono con una necessità che li nobilita e li rende inevitabili, non tanto in nome dell'arte, ma per una esigenza forse morale, forse fondamentale. (...) Che il più incongruo dei libri, come lo definisce Georges Bataille nella sua prefazione, sia anche il libro più bello, e forse il più tenero, questo allora è soprattutto scandaloso" (da un testo di Maurice Blanchot )
9 commenti:
Ho letto con interesse il post e mi complimento per la qualità della lingua e dei contenuti.
Io ti faccio i complimenti per le girelle, e il test di Puccina e Puccione, ma soprattutto per la copertina dell'espresso.
dopo aver letto il tuo post..ho
comprato il libro..e credo che madama edwarda sarà l'argomento della mia tesi.grazie.
Ciao Sara, contento di esserti stato utile.
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