La vita bassa- Alberto Arbasino

martedì 6 gennaio 2009


La vita bassa è un testo che rigurgita di enumerazioni caotiche in pieno stile Arbasino sempre tenute vive da un sottile filo di irrisione a volte tanto plateale da parere eccessiva. Questa dell’ironia è al solito la cifra stilistica dell’autore, che si lancia anche in ricordi rievocazioni del periodo del sessantotto, in una critica radicale ai linguaggi di allora. Ed è ’ancora una volta l’impietoso e divertito commento all’attuale stagione italiana, tutta’altro che florida, che nella moda della vita bassa sembra trovare quasi una metafora, un segno antropologico in cui finalmente riconoscersi, svilita nelle cicce crudelmente additate a significarne la crisi culturale in cui versa il paese.

Dunque Arbasino fa parlare, nella parte intitolata Memorial,  un nugolo di intellettuali a proposito del tema dello scrivere da Roland Barthes a Francois Whal,, Gunter Grass, Angus Wilson e altri, anche per tracciare attraverso gli intellettuali di allora uno spaccato sui moti degli anni sessanta, nel divertito rifiuto di ogni storiografia che non sappia di sberleffo al mito stesso della Storia, come in Super Eliogabalo di cui Arbasino, en passant, scrive una interessante rievocazione.

Musicalmente ineccepibile nella lingua e a volte tendente al non sense, soprattutto nell’elencare termini inglesi , in un modo sovente spiazzante, il libro conserva le riflessioni complesse di un intellettuale che davanti “al nuovo che avanza da quarant’anni” conosce come arma per difendersi da esso soltanto la propria corrosiva ironia, retta da uno stile di scrittura che non si vergogna di rimpinzarsi di tutti i termini della contemporaneità di ieri e di oggi , per mostrarne forse la decrepitezza alla moda. Il limite del libro mi pare sia proprio in questa complessità stilistica che nei momenti meno felici appare un po’ stucchevole, quasi si trattasse di un esibizionismo fine a se stesso, privo di una reale sostanza conoscitiva. Va bene la derisione ma l’analisi obiettiva della situazione italiana appare nascosta, abilmente è vero, da giochi verbali che alla lunga svuotano un po’ il testo, soprattutto nella parte finale. Comunque,  quando il gioco di Arbasino riesce può essere spassoso e illuminante.

L ’aspetto assolutamente ludico della prosa di Arbasino è secondo me, anche negli scritti de La vita bassa, il suo lascito più importante, la sua grande forza di rigenerazione di un linguaggio che ormai o forse da sempre rischia di sprofondare nelle paludi del luogo comune. Consigliabile a chi abbia voglia di immergersi in una prosa musicale a tratti davvero impeccabile, nei suoi crescendo e nei suoi arresti. Numerose perle navigano in un fiume che si è voluto inarrestabile di riflessioni, ricordi, citazioni, in cui spesso, è vero, ci si smarrisce, ma è un bel smarrirsi.

3 commenti:

Roberta Puccina ha detto...

Bello il nuovo nome del blog!
Bacioni

Anonimo ha detto...

Ho trovato questo blog per caso e devo dire che è stato un caso fortuito.
Mi piace il modo in cui lei scrive, ha uno stile interessante e soprattutto non banale o forzatamente altezzoso come la maggior parte dei presunti intellettuali che scrivono/commentano su blog di letteratura cinema poesia e ci piazzano dentro i propri deliri personali o le loro vanita' di scrittori.
Non amo molto internet e cerco di usarla il meno possibile, ma quelle poche volte farò un salto sul suo blog per leggerla.

Anonimo ha detto...

mi è venuta voglia di leggerlo