NeXT - Fest, Roma: La poesia connettivista - intervento di Ettore Fobo del 27 ottobre 2012

sabato 3 novembre 2012


In limine a Concetti Spaziali,  Oltre - silloge connettivista  - a cura di Alex Tonelli - Kipple Officina Libraria (2010)

                                                                                                                                             “ … se mai esiste una verità sul mondo, deve essere per forza non umana”.

Iosif Brodskij

Per quel che mi riguarda, da estraneo al movimento ma interessato a esso, la poesia connettivista rappresenta una grande novità all’interno del troppo spesso asfittico panorama della cultura poetica contemporanea.  Noi sappiamo, infatti, che il panorama italiano è fatto a compartimenti stagni: da una parte la letteratura, dall’altra la scienza (matematica, biologia, fisica, chimica, informatica); troppo spesso sono realtà distanti che poco hanno in comune. Il Connettivismo si propone di abrogare queste barriere e restituirci l’anelito a un sapere universale, che sarebbe di stampo umanistico, se non fosse presente nel movimento una dinamica postumana, che cerca di tracciare i nuovi confini della nostra specie.

Se il postmoderno è (forse) archiviato, io sento la necessità di una nuova lingua poetica che sappia esprimere le contraddizioni, le speranze, gli incubi, della nostra epoca, tracciando nuovi percorsi. Così laddove l’intellighenzia generalmente si aspetta soltanto una rassicurante ripetizione del passato, il Connettivismo innesta nuovo pensiero e nuove dinamiche, e ci parla, come il futurismo,  di futuro.

Il futuro visto dai Connettivisti, però, non ha quasi nulla di ingenuamente positivo, usando la scienza e la fantascienza in chiave demistificatoria, il movimento ci propone fondamentalmente, secondo la mia visione, un’idea di futuro che seppellisce letteralmente quella proposta dal Positivismo ottocentesco, di cui i futuristi furono in realtà gli involontari corifei. Un nuovo secolo ha bisogno di una nuova idea di futuro,  Il Connettivismo gliela fornisce,  ed ecco l’incubo cyberpunk punteggiato, però, dalle speranze di un misticismo transumano.

 Il Connettivismo ci mostra come la nostra epoca abbia paura del futuro che pure sta creando, un futuro in cui probabilmente le macchine avranno sempre più importanza e l’essere umano perderà sempre più la centralità che si è attribuito nei millenni, un futuro che è la deformazione di un presente in cui la Tecnica è progressivamente diventata il centro del mondo umano e come scrive Galimberti l’uomo si è progressivamente ridotto ad essere mero ”funzionario dei suoi apparati”.  

Rispetto ai futuristi dunque la differenza è nella modulazione di questo futuro che per i Connettivisti è tutt’altro che il luogo di una palingenesi e di una redenzione, piuttosto il luogo dove gli incubi prendono forma. Possiamo dire con Mark Strand e Paul Valéry che “Il futuro non è più quello di una volta”. Il Connettivismo interroga il futuro, per mostrarci che esso è divenuto lo schermo su cui l’uomo contemporaneo proietta le sue angosce di annientamento e marginalizzazione a vantaggio delle macchine.
Così scrive Gianluca Cremoni (più noto con lo pseudonimo Lukha  B.  Kremo), in Zybor’, poesia che sintetizza bene la visione connettivista del futuro:

“Deserti e rocce metalliche
radioattività e creature adattate
assenze…
Mutilati dilaniati disgregati
colpiti distrutti disintegrati
-resti d’uomo e tecnologia-
consumati  smussati bruciati
alterati smarriti perversi
-resti d’uomo e chimica.

Sopravvivenza di lotte
e droga di potere.

Mutanti fuggiaschi
e androidi latitanti
in suburbe sconosciute
e combinazioni d’esseri
mostruosi e autolesionisti.”


Pensiamo così all’umano ridotto a “pseudo- nulla” nelle poesie di Cremoni, all’importanza che hanno espressioni come “nulla senziente” e “materia oscura” nella poesia di Battisti, al nulla carnale e carnivoro delle poesie di Moretti, agli umani diventati “sterili pupazzi di paglia”, nel romanzo steampunk in versi di Simone Conti. Paradossalmente per alcuni poeti connettivisti c’è persino più consonanza con alcuni aspetti della poetica crepuscolare, vedi Giovanni De Matteo, per esempio nella conclusione della poesia L’algebra del bisogno, dove un paesaggio di stampo puramente connettivista si fonde con sentimenti e sensazioni  crepuscolari.

“Nel panorama entropico
cosparso di rovine industriali,
un treno trascina stanco
il suo carico di bisogni e nostalgia.”

La dinamica crepuscolare è ancora più evidente nella poesia Autunno, sempre di Giovanni De Matteo:

“ Esala da campi deserti,
spargendosi per coste e per valli,
lo stanco sospiro d’autunno.
Echi remoti riverberano
lungo gli antichi sentieri,
linee occulte tracciate nei boschi.
E dalle pietre dimentiche
In coro si levano avvolgenti
I canti perduti dei morti”

Questa dimensione crepuscolare, interiore, a tratti cimiteriale, designa forse il crepuscolo stesso dell’umano, di cui spesso si paventa l’estinzione. Ascoltiamo ancora Gianluca Cremoni, per esempio: “ Solo ululante nel freddo Universo/ tremo e lacrimo homo sapiens in estinzione. “ Oppure leggiamo  i versi di Marco Moretti: “Sono il Superstite. / Sono l’ultimo senziente rimasto, / resta solo il mio io spettrale/ in tutto l’universo. “

 Il poeta più vicino al Futurismo è probabilmente Marco Raimondo che usa la pagina in senso grafico, con neologismi, parole composte, ricreando una dimensione simile a quella della poesia futurista. Notevole è il fatto che la matematica, la chimica, la biologia, etc.,   siano  usate per produrre emozione, quell’emozione legata allo straniamento, alla parola usata ritmicamente unicamente per sedurre il nostro intelletto. Per cui Raimondo scrive “ Atomotomia/ affondare in onde elettromagnetiche/ traiettorie orbitanuvole dilatate/penetrare nuclei(in)divisibili/ Atomi- universi:/ 1/0= Cremoni invece struttura un elenco di parole ritmate, utilizzando elementi chimici: “ora cadmio, tecnezio, ora oro/ ora afnio, tungsteno, ora boro/ ora olmio, molibdeno, ora cloro/ ora cripto, disprosio, ora fluoro”.

Nel Connettivismo le “Magnifiche Sorti e Progressive” su cui ironizzava già Leopardi si rivelano ben poco magnifiche è l’uomo è restituito alla sua fragilità, alla sua fallibilità. Le innovazioni tecnologiche, infatti, sono sempre ancipiti e portano in sé, oltre all’innovazione, il germe di una catastrofe futura. Dietro, dicevamo, c’è una diversa idea di futuro rispetto ai futuristi, che mutuavano la loro idea di futuro dall’esaltazione del progresso tecnologico operata dal Positivismo, il Connettivismo alle sue spalle ha il Novecento, con la crisi delle scienze e  con gli eventi catastrofici di Hiroshima e Nagasaki che hanno mostrato all’uomo contemporaneo quanto la Tecnica possa essere spaventosa e distruttiva.

Io sento il Connettivismo come un movimento che usa la fantascienza nel suo senso di narrativa di anticipazione, per mostrarci come già il nostro presente iper tecnologico, apparentemente iper razionale, sia diventato invivibile. La quotidianità stessa è invivibile, si cerca un Oltre, e lo si trova solo nell’immaginazione.
L’immaginazione connettivista viene dal futuro, per riscrivere la nostra percezione del presente, per rivelarci l’esistenza di uno sguardo ulteriore, attingendo a una dimensione non umana a venire, mostrandoci  la nostra natura in una luce differente.  In questo futuro l’umano appare spesso un relitto del passato, la nostra concezione di noi stessi appare desueta, nuove forme di vita incombono, nuovi e impensabili modi di vedere sono evocati.  Pur nelle differenze, c’è una grande unità di linguaggio, idee, visioni, in questi poeti, perciò pare piena di senso l’idea di riunirsi in un movimento, con tanto di manifesto.
E’ un’etica postumana, oltreumana, che sento emergere nella poesia connettivista; penso al fastidio per la carnalità che esprimono, per esempio, Marco Moretti o Sandro Battisti; penso a questo desiderio di trascendere i limiti biologici in cerca di altre dimensioni: l’Oltre appunto.


Quello che sento nella poesia connettivista è proprio questa tensione all’Oltre: oltre lo spazio, oltre il tempo, oltre la carne, oltre l’attualità, questa tensione al transumano, all’esoterico. La fusione di misticismo e cyberpunk è affascinante anche per chi non frequenta il genere fantascientifico.

 Penso che contaminare il linguaggio della fisica, o della chimica, della biologia o dell’informatica, con quello più specificatamente letterario, sia la novità più grande della poesia connettivista.

La silloge Concetti Spaziali, Oltre è curata da Alex Tonelli, il quale presenta ogni poeta con una breve ma efficace nota critica, ed è anche uno dei poeti ospitati nell’antologia (oltre a lui e a quelli già citati ricordo gli altri: Filippo Carignani, Paolo Ferrante, Christian Ferranti, Domenico Mastrapasqua, Marco Milani).
Concetti Spaziali, Oltre è un progetto letterario con una sua grande autonomia, un libro bello e originale, unico, nel panorama poetico attuale. Consiglio a tutti di leggerlo.



*** 


Ecco alcune riflessioni sulla NeXT Fest nei  blog  Uno strano attrattore, HyperHouse e sul sito di Francesco Verso.

6 commenti:

Massimo Caccia ha detto...

Un articolo stimolante. La ricerca espressiva è fondamentale. Per me un cruccio quotidiano e non è per niente facile trovare nuovi registri da applicare alla poesia così come alla letteratura in genere. Forse dovremmo rompere proprio sulle convenzioni.
Buona giornata

mariadambra ha detto...

La proposta del Connettivismo è quasi un respiro vitale e in un certo senso ripropone il concetto di rottura non tanto tramite la negazione e l'annientamento quanto invece con la capacità di interagire. E se ci si rende conto che (oltre ad essere intercettati) siamo tutti interconnessi, quale modo migliore, per comprendere meglio la realtà che ci circonda e la nostra stessa esistenza, del connettere tutte le fonti della conoscenza?
Gli scrittori di fantascienza del resto hanno dimostrato nel tempo la loro capacità di premonizione, forse perché quando si ha il coraggio di guardare oltre è come diventare co-creatori, capaci perfino di manipolare la realtà in divenire...
Ettore, complimenti per l'intervento. Un abbraccio

Ettore Fobo ha detto...


Ti capisco Massimo, anch’io combatto quotidianamente contro la mancanza d’ispirazione, la difficoltà di mettere ordine fra le idee, la sensazione di vuoto, il dejà vu espressivo. E’ una battaglia che va combattuta contro tutto (questo mondo che non sa che farsene della poesia) e contro tutti(questi tutti ignari che un bel verso arricchisce il mondo). Buona domenica e buona battaglia.

Ettore Fobo ha detto...


@Maria

La parola “connessione” sembra davvero essere una parola chiave della nostra epoca. Rifarsi a essa significa, secondo me, essere nel cuore pulsante del presente. Il futuro qui diventa lo specchio perfetto in cui si riflette la nostra angoscia di moderni. Cosa meglio della fantascienza, in fondo, è in grado di penetrare e indagare le pieghe segrete della nostra quotidiana alienazione? I filosofi parlano da diversi decenni di società del controllo, gli scrittori di fantascienza distopica questa società ce l’hanno mostrata in tutta la sua ferocia.

Nel panel Poesia e Connettivismo oltre a me, Alex Tonelli e Domenico Mastrapasqua, era presente il poeta Carlo Bordini, il quale ha detto che il vero scopo della fantascienza è mostrarci paradossalmente che non c’è futuro. Ti saluto caramente con questo paradosso un po’ inquietante.

Logos ha detto...

Un grazie forse non basta per questo bell'articolo Caro Ettore. E' stata una bella giornata a Roma, ricca di spunti e riflessioni da continuare.
Grazie di tutto.
Logos

Ettore Fobo ha detto...


La NeXT-Fest è stata un’esperienza breve ma molto intensa. Ne sono uscito arricchito. Bello quando si uniscono divertimento e approfondimento. E’ così rara, in fondo, l’opportunità di parlare di poesia…

Grazie a te,Logos, a presto.