sabato 11 luglio 2015
Con Idillio con cagnolino, che Fazi editore propose nel 2013, Alba
Donati riesce nel difficile intento di combinare la quotidianità famigliare dei
temi con “l’infinitamente misterioso”
mondo dell’immaginazione e della poesia.
Questo è il primo dato, sensibile e
immediato. Il suo è un libro da leggere e da meditare, in cui l’idillio è solo
un pretesto; Alba Donati descrive sì la meraviglia dell’infanzia ma denuncia l’orrore e la violenza contro i
bambini di Beslan, per esempio, nell’ultimo straordinario poemetto dedicato a
questa vicenda e ci ricorda che ogni favola ha un sempre un risvolto
inquietante.
Il titolo può essere fuorviante. La poesia eponima, secondo
me, non è tra le più significative della
raccolta e l’aspetto idilliaco pare, nella maggior parte dei casi, un modo per
sviare. La sostanza del libro non è “l’idillio
di una sera cittadina”, ostentatamente banale nella sua
semplicità, ma la sostanza tragica di cui la vita è
impastata, la sua violenza impossibile da capire, la memoria degli amici e dei
parenti morti, il critico Cesare
Garboli, lo scrittore Enzo Siciliano, il
vecchio zio Fernando, a cui è dedicata la bella poesia che apre la
raccolta. Certo sullo sfondo di molti di
questi versi rimane potentissimo il
sogno di un mondo incantato, a misura di bambina. La cattiveria degli adulti, però, irrompe spesso per distruggere questo sogno
che altro non è che “la favola della
vita”.
Sappiamo che in ogni favola c’è
il lupo e la poetessa ce lo ricorda
descrivendone diverse tipologie, in una società violenta dove anche la sua
figura più efferata, il serial
killer, è superata “dagli eventi, dal progresso/dai nuovi ricchi” che dispongono il
loro ordine fondato sulla sopraffazione. Affiora la consapevolezza tragica che
la morte ci sovrasta, che lo stesso Dio,
davanti all’orrore indicibile della violenza umana, non può che urlare,
inveire contro tutti, disperato come “uno
scrittore russo”. Nella poesia Una
bambina Alba Donati racconta di
come le donne siano molto facilmente vittime degli uomini, in Contro il capitalismo si scopre che la
vera ricchezza è quella dell’immaginazione, “La
ricchezza è un rito, una preghiera/che si svolge in segreto, la notte”, in Gap la distanza
spaziale fra campagna e città si scopre
essere anche temporale. “Da qui alla
città passa un’epoca./ Si parla da un
millennio a un altro millennio.”
Nella poesia Lucignana Alba Donati realizza il rovescio dell’idillio, lo
spaesamento, il mancamento che sembra muovere tutte le cose e sorge come un
grido il desiderio di mettere ordine nel gran caos e la poetessa traccia un
confine fra sé e la notte, affinché la tenebra non inghiotta il mondo intero.
Ecco l’abilità di Alba Donati è mostrare l’idillio ritmando agilmente la sua
consonanza con il pensiero infantile e al tempo stesso illuminare
chirurgicamente i brandelli di una realtà devastata dal caos.
Così in Pianto per la distruzione di Beslan
abbiamo un esempio di poesia
sulla contemporaneità di alto livello, con
una scrittura frammentata la poetessa ci racconta dell’orrenda strage senza
cadere mai nella trappola della poeticizzazione, del sentimentalismo né
esibendo una pietà artificiosa. Difficile raccontare in poesia questa vicenda,
con sobrietà, senza apparire né troppo freddi e distaccati, né troppo
partecipi: il poemetto si regge su fragili equilibri, sospeso fra la cronaca e l’interpretazione
dell’evento. Come raccontare il mostruoso? Questo poemetto è un esempio terso di come si
deve procedere oggi. Dopo il passaggio dell’orrore rimane dunque la
desolazione:
“ Adesso non ci sono più canti
nella città
né suoni.
C’è un eterno pianto dove prima
c’era la gioia.
Non doveva accadere:
la coscienza individuale,
il diritto internazionale
la civiltà del male,
questa bestia sconosciuta,
sopravvalutata,
soccombente.”
Così il libro pare sospeso magicamente fra almeno tre dimensioni: quella incantata e idilliaca,
legata agli affetti e all’infanzia, quella intima e dolorosa nel ricordo degli
affetti perduti, quella tragica, violenta e insensata della Storia. Alba Donati
finisce stranamente per raccontarci la
nostra scissione, la nostra schizofrenia, con uno stile di scrittura terso,
piano, dinamico, regalandoci un libro in cui emerge la sua sensibilità di raffinata interprete del nostro
tempo.
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