Serie fossile – Maria Grazia Calandrone

giovedì 20 ottobre 2016








Bisogna iniziare con una considerazione semplice e necessaria: man mano che si procede nella lettura appare  chiaro che Serie fossile  di Maria Grazia  Calandrone è un libro bellissimo, pervaso da una luminosità enigmatica,   potente espressione di una pulsione abbandonica che nella scrittura  tende come una freccia alla gioia, gioia naturale, primordiale, “preistorica”,  e perciò senza il limite della ragione, né della sua caricatura,  la follia; gioia pervasa dai meccanismi di una visione che sa liberare le parole del loro peso e poggiare la “piuma del futuro” sulla bocca dell’amata, giacché si parla,  o meglio si canta,  tra le altre cose, e direi soprattutto, dell’amore fra due donne. E Maria Grazia Calandrone sa parlare d’amore con quella chiarezza e grazia visionarie che pochi hanno; nelle sue poesie amore affiora come una forza magica, perfettamente terrestre  ma anche cosmica, come vedremo,  un’energia priva delle pesantezze retoriche  che su di esso sono calate, una realtà  trasmessa al lettore con i suoi sottintesi di estremo pudore.

Operazione di raschiatura dei concetti, di lavatura, di sciacquatura dei panni nell’acqua di un fiume linguistico che,  per la forza della sua originalità,  è lecito riconoscere già classico. Quella di Maria Grazia Calandrone è voce unica, ampiamente riconosciuta fra le più significative e originali del nostro paese.

Serie fossile è edito nel gennaio 2015 da Crocetti e questo sarebbe già  di per sé sufficiente a garantirci che siamo davanti al miracolo della poesia. Miracolo che si rinnova sempre a dispetto del disinteresse che dovrebbe, o vorrebbe, minare alla radice l’atto poetico e ricoprirlo di discredito. E invece per chi legge libri come questo, diventa sempre più chiaro che la scrittura poetica è scrittura alla massima potenza di condensazione dei concetti che,  lungi dall’essere nominati, catalogati o espressi,  vengono da Calandrone diluiti  in un  magma incandescente ed emorragico  che sa come rivelare il mistero stesso del linguaggio. “Del poeta il fin la maraviglia […]/ Chi non sa far stupir, vada alla striglia” è il monito di Marino. La poetessa,  nata a Milano ma residente a Roma, questa lezione l’ha appresa benissimo e la sua poesia  per chi la legge è tutta un dono di stupore.

Serie fossile è probabilmente una raccolta di poesie, ma ha l’aria di essere un poema o meglio ancora quello che i musicisti chiamano un “concept album” tanto sembra ruotare intorno agli stessi agglomerati di sensazioni e di idee, che sprizzano magia linguistica da tutti i pori. Così molti versi andrebbero citati per rendersene conto. Cito pescando più o meno a caso:  e io ero deserto/che si abbevera/alle lesioni della carne viva” oppure “ impariamo a soccombere/alla materia: questo corpo/- l’effimero, è il miracolo” o ancora la sorprendente, eppure perfettamente logica, conclusione della poesia “x- metamorfosi”: ” io servo l’animale che adora il sole” o ancora “Brucia il sale dell’ultima stella/sulla ferita umana.” E si potrebbe continuare a lungo tanto il testo è tutto disseminato di folgorazioni, illuminazioni, apoftegmi, rivelazioni vertiginose.

Bellissima,  in un modo più volutamente sommesso rispetto ad altre,  la poesia “acconsente” ci rivela la potenza sacrale della natura -  di cui si canta l’ istintiva obbedienza alle leggi cosmiche -  incarnandola nella figura di una cavalla che accetta di farsi cavalcare dopo un breve colloquio di gesti senza parole di cui la poetessa ci restituisce l’afflato con semplici tocchi naturalistici, “l’erba, gli stenti cespi/ di malva ai piedi del muretto”,  e raccontandoci con tono oggettivo e partecipe il passaggio della cavalla dall’ irrequietezza alla calma che precede la salita in sella. Poesia di potenza descrittiva non priva di commozione sotterranea e segreta, che esprime la complicità fra il poeta-stregone e le forze naturali,  primigenie, animalesche, ctonie.

Scrittura di flussi, questa, che s’intersecano, si compenetrano, si sfaldano uno nell’altro. Flussi sorretti da una visione profondamente unitaria e coerente,  per meta fuoco per metà abbandono”,  come nella citazione di Antonella Anedda,  posta come titolo di una delle sezioni del libro.

Nell’ultima straordinaria poesia in prosa abbiamo qualche traccia in più per capire quello che alla fine si configura definitivamente come poema amoroso; qui l’amore da vicenda privata diventa evento cosmico, in tutto simile alla prospettata fusione di due galassie e scopriamo così “la calma delle stelle”.

Libro bellissimo, dicevo all’inizio, che cresce man mano che si approfondisce la lettura e che rimane segno di un’esperienza poetica fuori dal comune, di una scrittura impetuosa ma soggetta a un calcolo preciso, a un controllo direi geometrico della forma, dove però più che alla geometria euclidea, Maria Grazia Calandrone sembra fare riferimento,  misteriosamente,  alla matematica dei frattali.  

Consigliato soprattutto a coloro che vogliono conoscere il linguaggio profondo della nostra epoca, per uscire dal mutismo autorizzato delle televisioni,  dei giornali e delle chiacchiere sociali,  virtuali o meno. Questa è come una conversazione elegante sotto un cielo stellato che ci rimanda perennemente l’immagine di un’immensità sfiorata, sufficiente, però, a colmarci. Tutto questo fa di Serie fossile un libro imperdibile.

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