martedì 23 gennaio 2018
Passano i decenni, i secoli, i contesti culturali che l’hanno
prodotta e la poesia invecchia. Quasi tutto finisce per apparire datato,
superato, desueto, appassito, tranne
quelle poche opere che assurgono alla magica dimensione di classici senza
tempo.
Una sensazione di déjà-vu quindi è ciò che ho provato
inizialmente a contatto con le poesie di
Else Lasker-Schüler,
prevalentemente poesia d’amore spesso funebre o crepuscolare. Sono le atmosfere
protonovecentesche e tardo decadenti
dell’espressionismo tedesco. Disturbano i topoi, troppo oro, troppe stelle,
troppo azzurro, troppa malinconia, l’insieme è codificato fino allo stereotipo
e al cliché. Rimane
la forma ma questa può essere goduta solo nell’originale, anche in questa
traduzione di Giuseppe D’Ambrosio Angelillo per la sua casa editrice Acquaviva.
Scomparso all’inizio del Novembre 2017,
D’Ambrosio Angelillo è stato un piccolo ma importante e combattivo editore
dell’area milanese. I suoi libri fondevano eleganza e originalità. Ha
pubblicato almeno 30 libri di Alda Merini. Io possiedo diversi testi di questo
editore e anche se non sempre la cura editoriale era ineccepibile (a volte si
eccedeva in refusi), questi piccoli libri, che si trovano prevalentemente in
piccole librerie e in bancarelle, mi piacciono, perché ne ho sempre colto la
passione sottesa.
Anche questo Poesie di Else Lasker-Schüler, fatte le considerazioni
iniziali, è comunque un libro che conserva lampi di un certo interesse,
anche se alla lunga, trattandosi di un testo di oltre trecento pagine con testo
a fronte, si sconta una certa noia. Bisogna percepire il contesto culturale in
cui queste poesie sono state scritte, la
prima metà del Novecento tedesco, fra la Germania che sarebbe diventata nazista
e Gerusalemme, dove la poetessa, ebrea, fu costretta all’esilio. Ora non so se
lei sia davvero, come scrive D’Ambrosio
Angelillo, riprendendo il giudizio che ne diede Gottfried Benn, la più
grande lirica tedesca del Novecento, ma queste poesie, pur a tratti datate, conservano leggerezza e
tenerezze che le fanno, tutto sommato, apprezzare. Non manca anche la potenza
espressiva che le fa scrivere: “ La mattina arrivano sempre
colori dolorosi,/ che sono come la tua anima.” Sono quasi tutte poesie d’amore, perciò il tono risulta talvolta un po’ monocorde, come
se questa poetessa avesse nel suo arco solo poche frecce; l’amore, però,
è elevato a dimensione trascendentale di comprensione della realtà.
Regala versi certamente molto intensi, come questi della poesia Dolore cosmico,
che non sono versi d’amore e che riporto
integralmente:
“Io,
il rovente vento del deserto/ mi ghiacciai e assunsi una forma./ Dove il sole
che mi può squagliare/o il fulmine che mi può carbonizzare?/ Ora, testa di una
sfinge di pietra, / guardo arrabbiata verso tutti i cieli.”
Versi che da soli valgono
l’acquisto del libro.
“Ebrietudine d’amore”
ed “estasi mistica”
scrive D’Ambrosio Angelillo nella prefazione, cultura ebraica ed espressionismo
e cominciamo a comprendere questa poetessa la cui intensità è febbrile, le cui
poesie denunciano il clima della sua epoca. Clima oscuro, pesante, preludio
della catastrofe. Tuttavia come lampi ecco questi versi “ Eppure sugli stagni/ le rigide rose inanimate
dell’acqua/ riescono a rinfrescare la mia nostalgia.” Ma
l’epoca è davvero troppo cupa e piega i versi a una visione in linea con le
tenebre che serravano la poetessa tutt’ attorno. Ma c’è l’amore, forza
creatrice che si annuncia salvifica in questi versi altrimenti dannati.
Else Lasker-Schüler amò grandi nomi
dell’espressionismo, fra cui Gottfried Benn, l’importanza della cui poesia
trascese il movimento stesso, Georg
Trakl, universalmente considerato uno dei più grandi poeti in lingua tedesca
del Novecento e cui è vicina per certe atmosfere funeree, Franz Werfel, George Grosz.
Questi personaggi furono trasfigurati dall’immaginazione della poetessa
e divennero esseri mitici, coronati di leggenda e a volte definiti con pseudonimi. Alcune poesie sono dedicate a
Dio, annoveriamo anche lui fra gli amanti, ma i versi più intensi su questo tema conservano echi nietzschiani: “io erro, un fuoco fatuo/ attorno alla tomba
di Dio.”
Ma quello che meglio sintetizza l’anima di questa poetessa è un verso
terribile nella sua lucida e inquietante
disperazione: “Davanti al mio cuore è sempre
seduta una morta/che chiede l’elemosina.”.
4 commenti:
Ma perché mi fai sentire così ignorante?!?!?!
Sorrido...
Bel blog, felice di averlo trovato cercando per amica silentia lunae.
@Euridice
È solo il piacere di percorrere vie poco praticate. Anche tu mi hai dato tanti spunti.
Grazie Maria.
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