domenica 12 settembre 2021
La noia
Nella casa del silenzio con edere e ortiche
piena del sonno di gufi torvi dagli occhi piccini,
nessuno sa quando l’autunno sia entrato in casa,
e da quando gli anni abbiano abbattuto le pareti per uscire.
Una campana sorda chiamava a pranzo e all’ora di dormire:
e il suo rame era logoro e arrugginito,
io l’ascoltavo gemere con la bocca incollata sulla pietra
trattenendo l’intonaco e lo scorrere del tempo.
Con occhi verdi, i gatti di porcellana hanno fatto le fusa per
la partenza nel mondo di coloro che non hanno fatto più ritorno:
ma si udivano, di sera, come gemiti di puerpere, tocchi al pianoforte
che si attardavano sulle mani, quasi fossero delle labbra.
Forse è la mamma che sonnecchia sul divano, qui –
sferruzza calze di soffice lana per i nonni.
Se all’improvviso cadessero le piogge rossicce,
esse fluirebbero di nuovo attraverso le membra, come nelle grondaie,
e sarai a casa solo, nella più monotona desolazione –
come un selvaggio Robinson nella sua isola.
[1920]
***
Da “Vedute-Poesie 1917-1923” di Benjamin Fondane – traduzione di Irma Carannante, cura Giovanni Rotiroti – Edizioni Joker - aprile 2014
2 commenti:
Bellissima. Mi piacerebbe saper scrivere poesie, ma probabilmente non ho il necessario grado di follia per farlo.
Ciao, Ettore.
Follia sì. Ne parla molto bene Umberto Galimberti, in maniera non banale, da par suo. So che anche tu lo leggi. Ciao, Andrea.
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